martedì 27 maggio 2008

ASSEMBLEA – DIBATTITO SULLA PRECARIETà

Tutti parlano di precarietà, tutti la citano, tutti la analizzano, tutti la criticano e tutti la vogliono combattere.

La realtà, però, ci racconta di un fenomeno internazionale, come quello precario, in continua ascesa, un fenomeno che trova il suo perché e le sue origini nelle nuove necessità che il sistema capitalistico ha evidenziato in quest’ultimi decenni, e che nel nome della produttività, dell’innovazione e della flessibilizzazione ha imposto questa ennesima modalità di sfruttamento della forza – lavoro a milioni e milioni di lavoratori.

Le dinamiche del mercato internazionale e le violente lotte che in esso si sono svolte tra le differenti potenze nazionali, e sovra – nazionali, hanno imposto questi meccanismi e queste condizioni alle classi lavoratrici di tutto il mondo, con l’esplicito consenso delle classi politiche mondiali.

In Italia, il fenomeno ha trovato le sue prime espressioni a livello legislativo con il pacchetto Treu, portato avanti dal governo di centro –sinistra, per poi essere ulteriormente integrato dai contributi del centro –destra e dell’ormai sepolto governo Prodi.

L’accettazione e l’impulso di tali meccanismi tanto della sinistra (democratica e radicale) quanto della destra è davanti gli occhi di tutti; quello che ha vinto è stato l’interesse della classe dominante a non perdere in competitività e capacità di penetrazione dei mercati rispetto le sue rivali internazionali.

Dai rappresentanti politici di tale classe, che altro ci si poteva aspettare??

Tali tendenza rendono ancora più urgente la necessità di un processo di resistenza a queste dinamiche, che via via interesseranno sempre più ampi settori della forza – lavoro, in Italia come nel mondo.

Ed è appunto da queste considerazioni che abbiamo deciso di fare nostra questa tematica, inserendola nel processo di ricostruzione di un movimento studentesco autonomo, che in questi mesi sta muovendo i primi passi, e che ci sta contraddistinguendo nell’ambito genovese.

Anche nel nostro interesse di futura forza – lavoro salariata abbiamo reputato utile iniziare questo percorso proprio in Università, con un’assemblea – dibattito che metta al centro la tematica della precarietà ed avvii un processo di confronto tra studenti, lavoratori, sindacalismo di base e tutti i soggetti interessati ad un progetto del genere.

Un progetto che quindi non deve limitarsi ad un mero spirito accademico, ma che vuole svolgere da subito una fortissima valenza politica, almeno nell’ambito genovese, nello sviluppo, articolazione e organizzazione di conflitto sociale.

Questa, dunque, una delle prime iniziative che gli studenti genovesi mettono in campo, davanti all’attacco che le classi dominanti di tutto il mondo hanno sferrato alla classe lavoratrice, in un’ottica di lotta del nostro oggi universitario per la difesa del nostro domani lavorativo.

Martedì 27 Maggio 2008, ore 17
Via Balbi 4 - Aula M -
FACOLTà DI LETTERE E FILOSOFIA


Comitato studentesco
Feedback – Collettivo di scienze Politiche
Movimento studentesco di Genova

lunedì 19 maggio 2008

Il Comitato Studentesco al Pride Laico


Inseriamo qui il volantino che abbiamo distribuito durante il corteo del Pride Laico, tenutosi a Genova sabato scorso.


Il Comitato studentesco aderisce oggi alla giornata del Pride Laico, convinto che questa manifestazione possa essere una prima e necessaria barriera da opporre alla dilagante pervasività della morale religiosa nella vita quotidiana di migliaia di persone.
Morale che oltre mettere in crisi il potere di ogni persona di gestire come meglio creda il proprio corpo e la propria sessualità; sviluppa nella quotidianità un lavoro politico di sostegno e di strutturazione di un sistema sociale, come quello capitalista, che basandosi esclusivamente nella ricerca anarchica del profitto, riduce quotidianamente l’uomo ad un mero fattore produttivo.
Le parole di fratellanza, umanità e compassione, anche dei membri più “eretici” delle gerarchie religiose in generale, e della Chiesa Cattolica in particolare, si sciolgono come neve al sole di fronte alla violenza sanguinaria che la nostra società, attraverso le sue strutture, riesce a mettere in campo.
Dal Concilio Vaticano II con il suo cattolicesimo sociale, passando da Wojtyla, per arrivare all’intransigenza teologica di Ratzinger, per citare solo gli sviluppi degli ultimi decenni, la Chiesa si è sempre di più dimostrata collusa con lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo; essa non è altro che una delle sue giustificazioni ideologiche
Nel contesto della manifestazione di oggi, questa è una premessa necessaria ed obbligata, ma sicuramente non sufficiente. Soprattutto non è sufficiente il solo sventolio della bandiera della laicità dello Stato, poiché è evidente agli occhi di tutto che la liberazione degli spazi statali dall’influenza più retrograda della Chiesa non risolverebbe l’intricato sviluppo di tutte quelle contraddizioni sociali, che riescono proprio ad esplicarsi per la presenza dello Stato (laico o religioso che sia).
E’ qui che la nostra lotta deve assumere un profilo più ampio e profondo, non ghettizzandosi in una critica giullaresca contro la sola figura Ratzinger, ma partendo dall’aspetto più conservatore e reazionario della nostra società, come quello religioso, per espandere il tutto ad una critica ampia e sistemica della società capitalistica e soprattutto alle contraddizioni che fa emergere in Università.
Occorre partire dalla convinzione che, oggi come ieri, viviamo in una società divisa in classi, ed una lotta che riporti nel luogo di lavoro, come nelle facoltà, il conflitto sociale, necessiti innanzi tutto di un’intransigenza, indipendenza ed autonomia dell’organizzazione degli studenti e dei lavoratori, nei riguardi di tutte le strutture ed istanza riconducibili alla classe dominante.
Classe dominante, che attraverso suoi settori, appoggiano gli studenti in piazza solo quando fa più comodo a loro, mentre li abbandona quando la loro critica non si limita più alle sole gerarchie religiose, ma si estende agli interessi che padroni e Stato impongono all’intera popolazione.
Rivendichiamo la nostra autonomia ed indipendenza fin da oggi, non con vuoti proclami di principio, ma con una prassi politica quotidiana, che non ci asservisca a nessun altro interesse se non il nostro.
Il Comitato Studentesco ha scelto questa strada, certo più difficile ed irta rispetto a quella che passa per le stanze dei bottoni, per servilismo accademico, per i salotti radical-chic, ma unica e necessaria per garantire una vera autonomia politica degli studenti.
Con il Comitato Studentesco abbiamo voluto costruire un’organizzazione politico-sindacale degli studenti, che però superi la becera visione corporativistica di un unico corpo studentesco: esiste lo studente ricco, come quello povero, il figlio del lavoratore, come il figlio dell’avvocato.
Noi abbiamo deciso di organizzare e rappresentare gli strati più deboli ed oppressi del corpo studentesco, quegli stessi ragazzi e ragazze che nel giro di qualche anno non potranno che diventare forza lavoro salariata alla mercé del padroncino di turno.
Ed è anche per questo che il nostro agire politico non si vuole limitare alla staccionata della nostra scuola, della nostra facoltà o del nostro ateneo, ma vuole espandersi in una vasta pluralità d’ambiti di contestazione sociale, in primis quello del lavoro e della classe lavoratrice.
Ricostruire un’alleanza politica tra studenti e lavoratori, evidenziare le contraddizioni che caratterizzano la nostra società, denunciare i processi di sfruttamento che si sviluppano tanto nel nostro oggi universitario quanto nel nostro domani lavorativo, sviluppare e organizzare conflitto sociale, questi gli obiettivi cardine su cui il Comitato Studentesco ha deciso di basare la propria attività teorica e pratica.


E TU DA CHE PARTE STAI???
PASSA DALLA TUA PARTE!
ORGANIZZATI NEL COMITATO STUDENTESCO!

venerdì 2 maggio 2008

Albergo dei Poveri: l’ennesimo fallimento (voluto) di questo modello di rappresentanza studentesca

Da alcune settimene la situazione all’Albergo dei Poveri sembra essersi risolta; dopo frettolosi lavori per mettere in sicurezza le uscite d’emergenza dell’Albergo, dalle eventuali cadute di calcinacci, le aule del piano terra hanno potuto nuovamente essere riaperte.

Il problema come detto, sembra, essere risolto, dato che sono stati gli stessi tecnici interpellati dal Consiglio di Facoltà a sostenere come l’unico intervento che potesse realmente risolvere questo singolo problema sarebbe stato il totale rifacimento del tetto; cosa che ora come ora è totalmente al di fuori delle intenzioni della dirigenza universitaria.

Sorvolando sul disagio che molti studenti hanno dovuto subire dalla temporanea chiusura delle aule del piano terra (che intanto per giurisprudenza continuavano ad essere completamente sicure e dunque di conseguenza utilizzate); questo avvenimento non è che l’ennesima dimostrazione di come le erronee scelte effettuate dalla dirigenza universitarie siano state subite dalla massa degli studenti, senza che fosse possibile una timida reazione degli stessi.

Questo fatto è stato sicuramente causato da quella pigrizia e passività che ormai da troppi anni stanno caratterizzando gli studenti universitari; tuttavia, vi è da dire che, una grossa mano è stata data dalla rappresentanza studentesca, che con il suo silenzio sulla questione ha sfavorito sicuramente l’emergere di una qualsiasi forma di protesta, organizzata o meno.

Tale vicenda, ci ha particolarmente interessato, dato che oltre a rappresentare un tipico caso di mal funzionamento universitario, è un fenomeno che ha visto l’emergere di questo “disagio logistico” proprio nel mentre in cui stavano arrivando a casa di tutti gli studenti i bollettini della seconda rata.

Il paradosso non poteva che essere sotto gli occhi di tutti: mentre si scopriva che l’Albergo stava cadendo a pezzi (bella scoperta!!) e che quindi non era in sicurezza; dall’altra gli studenti di scienze politiche venivano a conoscenza del fatto che le fasce utilizzate per la determinazione della tassazione erano state ulteriormente diminuite (solo tre) e che nel frattempo si era registrato un aumento in assoluto delle tasse!!!!

Gioia e tripudio…mentre noi siamo costretti a pagare tasse sempre più alte e (purtroppo) sempre meno differenziate tra chi ha i soldi e chi non ce l’ha, si registra una decisa accelerazione del degrado delle nostre strutture universitarie!

Ma i nostri rappresentanti dove erano???!!!!!?????

L’unica iniziativa che i nostri rappresentanti hanno reputato di prendere è stata una riunione aperta a studenti e docenti, in cui i tecnici, in poche parole, spiegavano la causa della chiusura delle aule con una semplice comunicazione di servizio.

Il sollevare la questione di perché non fosse stata indetta un’assemblea solo studentesca con il compito di vedere se fosse opportuno organizzare proteste di un qualche tipo, sono state sdegnate subito dalle rappresentanze, sostenendo che quello non era il luogo per affrontare l’argomento (davanti ai professori ed ai tecnici non stava bene…).

Quest’ultima vicenda dell’Albergo dei Poveri, insomma, ha ulteriormente evidenziato la necessità per l’intero movimento universitario, ed in particolare per i suoi settori politicamente organizzati, di sollevare la questione della rappresentanza, e della sua reale efficacia nelle sue odierne modalità.

Da parte nostra questo è un problema che ci preoccupa già da parecchio tempo, e che certo non si può risolvere con una semplice richiesta di aumento del numero dei rappresentanti degli studenti in tutte le istituzioni universitarie in cui la loro presenza è prevista.

Secondo noi, una riflessione sulla questione dovrebbe partire da un’ottica che non prenda in considerazione solo il numero dei nostri rappresentanti, ma che consideri la stessa natura e la funzione che la rappresentanza studentesca dovrebbe avere.

Fino a che la rappresentanza, almeno a Genova, sarà in mano alle principali forze politiche nazionali (ex-Ds, Comunione e Liberazione), che in modo aperto ed indiscriminato appoggiano in tutto e per tutto le scelte erronee della dirigenza universitaria, sarà realmente difficile tentare di dare soluzione al problema puntando solo sulla “leva numerica”.

E’ necessario arrivare ad un ripensamento della rappresentanza, che deve essere interpretata come vera e reale espressione politica del movimento universitario.

Questo da implica da subito una rottura con la visione corporativistica di un unico corpo studentesco; all’interno delle università esiste lo studente ricco, come quello povero, come lo studente lavoratore; e occorre scegliere chi si vuole rappresentare e quali istanze portare avanti.

Ciò é possibile, solo nel momento in cui i rappresentanti sono effettiva espressioni di movimenti studenteschi organizzati, e non espressione (spesso personalistica) di grandi forze politiche estranee alla realtà universitaria ed in generale studentesca.

Un’autonomia politica degli studenti dagli interessi dei poteri forti e del capitale, è possibile solo tramite la strutturazione di un’organizzazione autonoma studentesca, che poi potrà inviare alcuni suoi rappresentanti nei vari consigli di Facoltà e nei vari Senati Accademici, ma non per partecipare in maniera “concertativa” alla costruzione della “loro” università, bensì per rendere ancora più evidente la nostra lotta e denuncia, anche in quegli ambiti istituzionali.