venerdì 5 settembre 2008

NON PERDIAMO UN’ALTRA OCCASIONE!


A questo governo possono essere imputate molte cose, ma non certo quello d’aver perso tempo.
Non ha infatti perso tempo ad imbastire, da subito, un ampio disegno di riorganizzazione statale, che in ottemperanza alle direttive confindustriali, riformasse la complessa macchina statale. Ciò è stato iniziato con il decreto Brunetta, d.l 112 /08.
Tale decreto, nell’ottica di tale riorganizzazione ha conseguenze dirette anche sul sistema universitario italiano.
COSA PREVEDE IL DECRETO A PROPOSITO?
Essenzialmente un cospicuo taglio dei fondi a partire dal 2009 (prevedendo un “risparmio” che nel 2013 arriverà a 160 milioni di euro), una forte limitazione del turnover (quindi delle assunzioni), la trasformazione della progressione economica degli stipendi da biennale a triennale.
Tuttavia il più grande regalo a Confindustria deriva dalla possibilità a partire dal 2009 di poter trasformare le Università in Fondazioni, cioè in organismi regolati dal diritto privato e con la possibilità di far entrare soggetti privati (per lo più imprese) negli organismi di gestione delle stesse università.
LE REAZIONI DEL BARONATO ITALIANO
Tale presa di posizione del governo ha chiaramente indispettito e causato la rabbiosa reazione delle elite baronali universitarie, che nei loro appelli e comunicati (principalmente la CRUI- Conferenza dei Rettori delle Università Italiane – ed il Coordinamento dei Giovani Accademici) chiamano alla mobilitazione in salvaguardia dell’Università italiana.
Quello che in realtà questi personaggi hanno fatto è chiamare alla rivolta l’intera società per cercare di preservare e difendere i propri privilegi, derivanti dalla loro posizione di classe e dal processo di cooptazione che caratterizza le università e che per questo le rende baronali.
Ciò è anche dimostrato dal fatto che nei suddetti appelli non si fa una minima menzione critica alla questione delle Fondazioni e all’entrata delle imprese nelle Università; insomma la sottomissione della libertà scientifica (con cui questi si riempiono sempre falsamente la bocca) al capitale, al profitto e all’interesse privato trova profondamente d’accordo rettori, baroni e ricercatori.
Sono proprio loro i massimi teorici dell’efficienza, la ristrutturazione, l’egemonia del mercato, a patto che tutto ciò non tocchi loro stessi.
Se questo succede, beh, la resistenza è naturale, e non si tratta più del corporativismo di quattro fannulloni, bensì di una questione di salvezza nazionale. Non si capisce bene il meccanismo perché il tagliare i loro lauti stipendi dovrebbe mettere in crisi l’intera Italia.
Nonostante tutto, però, si continua a chiamare alla mobilitazione gli studenti, come si trattasse realmente di una questione di civiltà, quando invece quello che si vuol difendere è la stessa università di classe, un’università dequalificante basata sulla cooptazione degli amici degli amici, un’università dei privilegi, degli interessi e della cultura della classe dominante.
Già durante la protesta contro la famigerata Legge Moratti, si era assistito ad una situazione del genere, in cui baroni e rettori intervenivano nelle assemblee studentesche per fomentare la protesta, ben consci della necessità, alla prima concessione del governo, di dover abbandonare gli studenti in piazza. Sgomberi e repressioni sono state la logica conclusione del loro uso strumentale del movimento studentesco.
E NOI DOVREMMO SOSTENERE NUOVAMENTE QUESTI SIGNORI?
Ci si ripresenta, insomma, l’ennesima occasione di riaffermare l’autonomia del movimento studentesco e dei suoi strati più oppressi dagli interessi della classe dominante e dei suoi agenti in Università.
La nostra critica deve essere e sarà più radicale; una critica che metta in discussione l’intero disegno di riorganizzazione, che altro non è che un ulteriore attacco alla classe lavoratrice nel suo insieme.
Mobilitiamoci per mettere in discussione tutto ciò, per contrastare la continua sottomissione dei lavoratori e degli studenti al capitale ed ai suoi interessi!
Ciò lo potremmo fare solo se ci liberemo una volta per tutte dall’illusione di una possibile alleanza con l’elite baronale, e concentreremo i nostri sforzi nella costruzione di una più solida e organica alleanza, con i nostri alleati naturali: i lavoratori!
Coloro che realmente ogni giorno vivono l’attacco padronale e statale sulla propria pelle!
Solo costruendo alleanze sulla base di legami di classe potremmo realmente riaffermare la nostra autonomia dai padroni, dai lacché e dai servi sciocchi del capitale.

Urge assolutamente una doverosa scelta di campo;
noi la nostra l’abbiamo gia fatta!