martedì 25 marzo 2008

IL MOVIMENTO UNIVERSITARIO CONTRO L'ONNIPOTENZA PONTIFICIA: PROSPETTIVE DI UNA LOTTA APERTA

L’università de La Sapienza di Roma, in questi ultimi giorni, si è fatta arena di un violento scontro tra laicisti e papisti.
Oggetto della discussione, è stato l’opportunità dell’intervento del Papa nella cerimonia d’apertura dell’anno accademico, attraverso una sua lectio magistralis.
Dopo vari batti e ribatti, la lettera firmata da vari docenti contro la presenza del Papa, l’occupazione simbolica del rettorato da parte degli studenti; il Papa in persona, con maestosa regalità, ha deciso di non partecipare alla cerimonia.
La politica naturalmente, ha urlato subito allo scandalo, cercando di guadagnarsi la più lauta porzione di benevolenza papale, consci della fetta di voti messa in gioco in questa, come in altre occasioni (sinistra radicale inclusa).
Ai quattro venti sono state urlate condanne del “fattaccio”, interpretato come una violenta soppressione della libertà di pensiero, come un calpestare quella massa silente universitaria che non aspettava altro che l’indicazione della retta via da parte dell’autorità pontificia.
Non c’è che dire che l’arguta mossa politica di Benedetto XVI di non partecipare all’evento, ha reso possibile l’impossibile: ossia ha fatto si che fosse la Chiesa, e il sommo pontefice in primis, la vittima del vile attentato laicista.
Il paradosso è enorme e non può sfuggire a nessuno: la perfetta macchina da guerra pontificia ridotta ad essere l’agnello sacrificale dell’orda ateista!
Insomma, la giusta indignazione degli studenti all’ennesima invasione di campo delle gerarchie ecclesiastiche è stata trasformata, mediaticamente, in una barbarica soppressione della libertà d’espressione, di un’organizzazione che certo non può lamentarsi della poca visibilità (considerando anche i vari giornali e le varie radio direttamente di sua proprietà).
Tanto più che, comunque, l’assenza del Papa all’inaugurazione dell’anno accademico, è stata comunque rimpiazzata dalla lettura del suo discorso. Dov’è, quindi, questa tanto millantata soppressione della libertà di pensiero?!
Comunque, quello che è importante è che, dopo mesi di fitta e pesante propaganda clericale, la protesta de La Sapienza non può che rappresentare una boccata d’ossigeno; infatti dopo tutta una lunghissima serie d’inchini e riverenze, anche l’Università, è riuscita a rialzare la testa e opporre un netto no al dilagare del conformismo cattolico in sfere, come lo è l’Università, completamente aliene al suo spirito.
Leggiamo quindi in maniera positiva i recenti fatti di Roma, dato che essi, oltre alla loro funzione più immediata, potrebbero avere la forza di riaprire una prospettiva di lotta per tutto il movimento universitario, che non si limiti al solo campo religioso, ma che si estenda ad un’ampia campagna contestativa riguardante l’intero mondo universitario.
Il punto di partenza di tutto ciò potrebbe essere la lotta contro l’immagine, che in questi giorni, è stata diffusa dall’intero mondo politico; un’università tratteggiata come un luogo d’incontro e di dialogo tra differenti pensieri e culture, un’effervescente arena di produzione di saperi, insomma un’immagine tanto aulica quanto virtuale, falsa.
Il nostro emerito ministro Mussi, che in questi giorni non si è certo risparmiato nel tratteggiare in questi termini il mondo universitario, sappia che queste fantasie le può rifilare nelle sue convention di partito, ma non a noi studenti, che invece conosciamo l’università del pensiero unico, l’università della dipendenza culturale al liberalismo, l’università della sudditanza al capitale, l’università che misura i nostri saperi in base ai crediti formativi e alle pagine lette, l’università che fa della precarietà la sua base morale e materiale di oppressione.
La denuncia di tutto ciò, deve rappresentare per il movimento universitario il primo passo di una lunga lotta verso una cultura indipendente dal capitale e dai suoi poteri forti.
Lo strumento che permette la trasformazione della mera lotta contro l’interferenza clericale, in una critica generale dello stato di cose presenti, tanto in Università quanto al di fuori di essa, non può che essere l’allargamento della prospettiva della contestazione romana.
Se si vuole realmente che il movimento universitario diventi uno dei reali propulsori del conflitto sociale, la lotta alla religione in Università può e deve essere uno strumento, ma sorge la necessità d’affrontarlo in una certa maniera.
La lotta per uno stato laico é evidentemente una denuncia limitata, dato che limitato è l’obiettivo che essa stessa persegue.
Occorre raggiungere la consapevolezza che l’emancipazione politica dalla religione non è un’emancipazione compiuta, che le contraddizioni relative alla questione religiosa sono solo contraddizioni parziali, dato che anche in una situazione di netta distinzione tra sfera statale e sfera religiosa, i meccanismi statali di sfruttamento di una classe su un’altra restano ugualmente.
L’obiettivo della laicità dello Stato non può dunque che essere un obiettivo parziale, un obiettivo ormai superato; in quanto il limite dello Stato non è quello di essere uno Stato “religioso”, bensì quello di essere uno Stato.
Solo avendo una consapevolezza di questo tipo si potranno sviluppare denunce alle gerarchie ecclesiastiche consone al ruolo che il movimento studentesco dovrebbe avere; cioè di denuncia sociale dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo in tutte le forme in cui essa appaia.

ORGANIZZIAMOCI PERCHE QUESTO DIVENTI POSSIBILE!!

“Il fondamento della critica irreligiosa è: l’uomo fa la religione e non la religione l’uomo. L’uomo è il mondo dell’uomo, lo Stato, la società. Questo Stato, questa società producono la religione, una coscienza capovolta del mondo, poiché essi sono un mondo capovolto. La lotta contro la religione è dunque mediatamente la lotta contro quel mondo del quale la religione è l’aroma spirituale”
Karl Marx










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